Perché il paese di Porto S. Stefano è recente? Spieghiamo una verità dimenticata nel cassetto della memoria. È ora di riaprire il cassetto e parlarne.
Se paragonato ai vicini paesi della bassa maremma, P.S.Stefano è nato tardi, verso il 1700.
Orbetello è nato tra il 1100 e il 1200;
la città di Cosa, l’attuale Ansedonia, era una città Etrusca;
con Talamone si va al 200/225 a.C. (epoca Etrusca) e poi ai Romani;
anche attorno a S.Donato ci sono ritrovamenti etruschi, anche se per la frazione attuale si parla dei recenti 1800-1900; Albinia si è formata nel dopoguerra;
la zona attorno a Magliano in Toscana è ricca di ritrovamenti Etruschi, mentre il centro di Magliano si sviluppò attorno al 1200; Montiano invece attorno al VIII secolo d.C;
Capalbio ancora prima di Orbetello: con il suo Castello siamo intorno all’800 d.C -ai tempi di Carlo Magno-, attorno al quale nei secoli successivi si sviluppò la comunità;
l’Isola del Giglio fu abitata fin dall’Età del Ferro, e in età Romana risultava un punto strategico importante (sono presenti resti sommersi di una villa della famiglia dei Domizi Enobarbi);
con Marsiliana si parla del VII secolo d.C.;
Manciano e Saturnia sono zone frequentate fin dall’età del Bronzo, con uno sviluppo più recente intorno al 1100/1200;
Pitigliano attorno all’anno 1000; Sorano attorno al 1200; Sovana era un centro Etrusco; ecc ecc…
Potrei continuare all’infinito nell’elenco con ulteriori esempi, scusandomi se non ho citato tutta la provincia a Sud di Grosseto, ma mi voglio fermare per arrivare al cuore dell’argomento che voglio trattare. Diciamo che nella zona dell’Argentario, a parte la recente Albinia, tutti i centri hanno origini Etrusche, Romane o Medievali.
Per il vicino Porto Ercole, altra frazione dell’Argentario insieme a P.S.Stefano, si parla di origini Etrusche, poi passaggio ai Romani e uno sviluppo ancora più importante sempre attorno 1200 d.C. .
E allora perché per Porto S. Stefano – nonostante siano stati presenti in zona già gli Etruschi e dopo i Romani con la famiglia dei Domizi Enobarbi (vedi le loro ville con attività di acquacoltura), l’antica Torre dell’Argentiera di epoca medievale (leggi il mio articolo Argentario: Festa delle Torri 2019, clicca qui) – non c’è stato uno vero sviluppo della comunità fino al 1700?
Addirittura nel mio articolo “Atlantide vicino all’Argentario?” (clicca qui) si ipotizza una civiltà antica già presente nelle nostre zone migliaia e migliaia di anni fa, con possibili legami extraterrestri.

E allora perché Porto Santo Stefano è recente? Perché era solamente un porto conosciuto dai naviganti, già in epoca etrusca e romana, ma ne non nasceva una comunità attorno?
Le Torri di avvistamento che nascevano lungo le coste dal Medioevo servivano appunto per avvistare le navi corsare (barbaresche o saracene) e proteggere per tempo le comunità locali dalle razzie sulla terraferma. Le loro scorribande nel Tirreno dal Medioevo durarono fino al 1800.
La zona di Porto S. Stefano era sguarnita di Torri. A parte quella dell’Argentiera, piuttosto distante dalla costa, sul lato nord dell’Argentario per i corsari non vi erano rischi di attacchi repentini di difesa da terra (questo a differenza dal lato di Porto Ercole che era già in tardo Medioevo molto più protetto).

Il 7 Settembre 2019 presso il Centro Studi Don Pietro Fanciulli di Porto S.Stefano si è tenuto un riuscitissimo evento di show-cooking delle cuoche argentarine guidate magistralmente da Cinzia Bolognesi Piani (della quale ho segnalato il libro “Argentario in cucina ieri e oggi”- clicca qui) sulla cucina barbaresca ma non solo. Il famoso storico Dott. Gualtiero Della Monaca, nella sua introduzione all’evento sulla cucina barbaresca, ha descritto proprio questa situazione di incursioni corsare che si presentava sulle nostre coste nei secoli passati: le navi barbaresche usavano come scalo il piccolo porto di Santo Stefano (sguarnito di protezioni) per approvvigionarsi di legname, selvaggina nell’entroterra dell’Argentario e acqua.
A proposito di acqua, non dimentichiamo che la fonte vicina al giardino Jacovacci era già molto conosciuta. Si tratta della famosa fonte che ha dato il nome al rione Pilarella. Il nome al porto invece derivava dalla chiesina di Santo Stefano situata allora nell’area dell’attuale Piazza principale.
I corsari barbareschi provenivano dall’Africa Settentrionale, mentre i loro alleati di un certo periodo, i corsari saraceni, provenivano dall’attuale Turchia. Voglio ricordare in proposito che il famoso grido “Mamma li Turchi” accompagnò i santostefanesi per decenni, dovuto ai continui avvistamenti dei corsari, dando origine anche alla leggenda del Palio Marinaro dell’Argentario (per il mio articolo clicca qui).
Gualtiero Della Monaca, nella stessa serata dedicata ai barbareschi, ha spiegato la differenza tra i corsari che imperversavano nelle nostre coste e pirati. I pirati agivano per interessi personali, i corsari invece per battaglie contro i nemici infedeli, compiendo inoltre veri e propri rapimenti quando arrivavano nell’entroterra, in attesa di successivi riscatti o facendo schiavi da portare nelle loro terre. La stessa cosa veniva fatta dalle nostre navi “italiche” sulle loro coste, portando schiavi sulla Penisola (vedi il monumento ai 4 Mori di Livorno).

Perché Porto S. Stefano è recente?
Pensa al contesto. I pescatori liguri o campani che passavano nelle acque dell’Argentario e dell’Isola del Giglio per la pesca, avevano sicuramente timore di insediarsi in un luogo privo di difesa come il porto di Santo Stefano. Ricorda però che il piccolo porto, conosciuto in precedenza come Porto alle Tonnare e poi Porto Traiano in epoca romana, era ben conosciuto ai marinai e già riportato sulle carte nautiche medievali! Ma sprovvisto di difesa con militari e artiglieria, fino al 1600 era solamente un approdo di rifugio e rifornimento, sia per pescatori, navi mercantili che purtroppo per i corsari.
Quando finalmente nel 1600 gli spagnoli costruirono la Fortezza, potenziando una piccola Torre di Santo Stefano già costruita, il luogo cominciò ad essere ben protetto da un importante numero di militari. Questa nuova situazione di protezione portò, come conseguenza, anche i primi insediamenti di persone attorno al porto. Era presente anche una piccola osteria per i soldati.
Si può parlare della nascita di una vera e propria comunità però solamente nel 1700.
Già verso la fine del 1600, con il ripristino dell’antica tonnara, e con la pesca al corallo presente nelle acque delle coste argentarine e dell’Isola del Giglio (attività che richiamò un gran numero di pescatori da Torre del Greco), iniziò a nascere una piccola comunità attorno al porto. Quando poi nel 1734 la chiesina di Porto S. Stefano divenne Chiesa Parrocchiale, quindi indipendente dalla Parrocchia di Orbetello, il sentire popolare di essere diventati una vera e propria comunità divenne ancor più forte!
Non ho voluto addentrarmi troppo nel contesto politico dei vari periodi, ma bisogna tener presente anche i numerosi passaggi di potere nel territorio, tra Dominazioni Senese, Spagnola, Stato dei Presidi, Granducato di Toscana, fino ad arrivare all’Unità d’Italia del 1861.

Ricapitolando, per rispondere semplicemente alla domanda: “Perché Porto S. Stefano è recente?” basta dire che questo ritardo fu dovuto alla maggiore presenza di arrivi corsari nella sua zona, in quanto più sfornita di difesa, scoraggiando quindi gli insediamenti.
Ricordiamo questa parte della nostra storia tirandola fuori dal cassetto della memoria, dai racconti dei nonni e dai libri! Per troppo tempo è rimasta nascosta. Porto S. Stefano non è nato più tardi per caso, ricordiamocelo!

Perché Porto S. Stefano è recente? Tu immagina… (di Palombo Francesco)

Tu immagina le prime persone che andarono ad abitare la zona di Porto S. Stefano, con quale terrore abbiano vissuto l’arrivo di una nuova nave in lontananza, lo sbarco dei barbareschi, la paura di trovarseli nelle campagne e di essere rapiti. Immagina lo stato d’animo di un genitore che aveva il figlio per mare, di un marito che sapeva della moglie nelle campagne attorno a P.S.Stefano, di una donna che vedeva arrivare dal mare i corsari e cercava un rifugio coi propri bambini . Ma che situazione di paura e di ansia giornaliera dovevano provare quel pugno di persone che piano piano hanno deciso di insediarsi in quello che oggi è un paese di oltre 8 mila abitanti?
Che tenacia dovevano avere i nonni dei nostri nonni,  i loro genitori e i loro nonni andando più indietro nel tempo, nel lottare per strappare una terra alla natura, al mare e ai corsari?
Adesso, adagiati nel nostro quotidiano, con i nostri problemi, non diamo però per scontato il quieto vivere, la nostra tranquillità, la nostra pace qui nelle nostre bellissime terre. Questo è frutto di fatiche, paure e dolore della gente comune. Ma soprattutto è frutto di un sogno di poche persone di vivere e far vivere i loro figli in questo bellissimo posto. E allora, continuiamo a sognare anche noi, perché i sogni sono la spinta a vivere, senza però dimenticarci del nostro passato. Perché i nostri antenati santostefanesi, come noi, guardavano il nostro mare, i nostri bellissimi tramonti, la nostra terra unica. Avevano i nostri stessi occhi e un cuore come il nostro per innamorarsi e per ammirare nella Porto S. Stefano di allora: le acque cristalline, il verde degli alberi, l’azzurro del cielo, le nuvole bianche, il giallo del sole o il chiarore della luna nel cielo stellato,…tutti questi meravigliosi colori di prima e di adesso. Il bianco e nero esiste solo nei film.
Porto S. Stefano, Monte Argentario, 8 Settembre 2019.                                   Francesco Palombo

Per approfondimenti, rimando:
– a tutti gli illustri scritti di Don Pietro Fanciulli;
– ai libri “Lo stato dei Presidi nei disegni del cavaliere Ignazio Fabroni” (del 1994) e “Fortezze e torri costiere dell’Argentario, Giglio e Giannutri” (1996), di Gualtiero Della Monaca, Domenico Roselli e Giuseppe Tosi;
– al progetto concluso nella primavera 2019: “Le origini di Porto S. Stefano” (clicca qui per il mio articolo al riguardo), a cura di Gualtiero Della Monaca e del Centro Studi Don Pietro Fanciulli in collaborazione con i ragazzi delle Scuole Medie G. Mazzini di Porto S. Stefano;
-alla rivista di cultura L’ARGENTARIANA del Centro Studi Don Pietro Fanciulli di Porto S. Stefano.

Se invece ti interessa uno spaccato della vita sociale di Porto S. Stefano tra la fine del 1800 e gli inizi del 1900, quindi più vicina a nostri giorni, ti consiglio di leggere il mio articolo riguardante il romanzo a tinte gialle, indiscusso capolavoro di Gualtiero Della Monaca, “Il caso Lattes. Chi ha assassinato il sindaco di Monte Argentario” (clicca qui per l’articolo).
Come sempre, buone letture, ricordandoti che l’Argentario e le zone attorno, isole comprese, sono tra i posti più belli al mondo.