E se il mito di Re Artù fosse in parte toscano?

Tra le storie e le leggende maremmane o quasi, questa è certamente una delle più affascinanti. Parliamo della Spada nella Roccia in Maremma, o meglio vicino al suo confine, nell’entroterra toscano della Val di Merse.
<<Un uomo che non teme nulla, è un uomo che non ama nulla. E se non amate nulla, quale gioia può esserci nella vostra vita?>> diceva Re Artù (interpretato da Sean Connery), nel celebre film Il Primo Cavaliere, ad un giovane Lancillotto (Richard Gere). Lancillotto, che aveva perso tutti i propri cari, non aveva più paura di morire e quindi non temeva più nulla, fin quando non conobbe l’amore per Ginevra. E l’amore cambia ogni prospettiva.
Adoro quel film!
Tutti conosciamo le leggendarie gesta di Re Artù, colui che divenne Re estraendo la spada dalla roccia. Sulle vicende di Re Artù sono state tramandate e scritte decine e decine di storie nel corso di secoli.
E se ti dicessi che alcune opere che narrano queste gesta potrebbero derivare da storie maremmane e delle sue vicinanze? Se ti dicessi che il mito della famosa spada estratta dalla roccia da re Artù potrebbe essere originato da una vera spada incastrata nella roccia in uno dei nostri luoghi meravigliosi di Toscana, al confine con la Maremma, unito ad altre storie maremmane?

Siamo in un tempo di cavalieri e santi, di battaglie e di fede, di amore e di vendetta. Siamo nel tempo in cui si combatte per le terre e per amore. Il coraggio è l’arma più forte per affrontare eserciti e draghi, …e per ottenere l’amore di una donna. Con la spada in mano ci si scaglia sul nemico. Si vive o si muore: non ci sono alternative in un combattimento. Si perde la vita, si perdono gli amici, si perde il potere. Anche vincendo, qualcosa lungo il cammino viene sempre lasciato. Ma è il tempo in cui il coraggio che può spingere verso la morte, può anche portare verso l’immortalità della fama. È così che le gesta di Re e cavalieri riecheggeranno per secoli. È così che un amore può camminare accanto alla paura e cacciarla per qualche istante. Siamo nel tempo in cui una vita dedicata alla guerra può ad un tratto cambiare radicalmente, dopo aver incontrato la Fede nella sua strada.
…E una spada capovolta, fisicamente come nel suo significato, può diventare una croce per pregare.

Se l’argomento può interessarti, mettiti seduto e leggi questo articolo in cui parlerò della famosa spada nella roccia dell’eremo di Montesiepi, vicino all’Abbazia di S. Galgano, nel comune di Chiusdino.
Sì, è proprio nella provincia di Siena, tra i Comuni della splendida Val di Merse che confina con la meravigliosa Maremma, che si può visitare la Rotonda, una cappella di forma circolare finita di costruire a Montesiepi nel 1185 a testimonianza dell’eremo di S. Galgano, morto 4 anni prima. E proprio questa cappella custodisce una spada conficcata nella roccia, che oggi si può vedere protetta da una teca per evitare atti vandalici già verificatisi in passato. La tradizione attribuisce questa spada proprio a S. Galgano, che non riuscendo ad intagliare bene il legname per farne una croce, lanciò la sua spada che si conficcò da sola in una roccia. Secondo un’altra versione, fu proprio S. Galgano a conficcarla. Resta il fatto che così, da arma, la spada rovesciata divenne proprio una croce.
Ho parlato, in riferimento a Montesiepi, di zona al “confine” con la Maremma, in quanto il comune di Chiusdino fa parte della Val di Merse. Aggiungiamo però che il discorso sui confini maremmani non è poi così chiaro e netto, trattandosi di una zona – la Maremma – e non di una Regione, che si estende dalla Toscana centrale all’alto Lazio, in territori di diverse province, tra mare ed entroterra. Effettuando ricerche online, si può notare che alcuni siti invece parlano di Montesiepi considerandolo proprio in Maremma. Nel dubbio, ecco il mio punto interrogativo nel titolo: “la spada nella roccia in Maremma?”.

Ma chi era S. Galgano?
Alla nascita Galgano Guidotti (1148 circa/1181), di Chiusdino, genitori appartenenti alla nobiltà. Le varie fonti parlano di un giovane dalla vita dissoluta, divenuto cavaliere. Due apparizioni dell’Arcangelo Michele, di cui non bisogna dimenticarci le numerose raffigurazioni con la spada in mano, lo condussero verso una umile vita di preghiera. Secondo le varie versioni che in parte differiscono tra loro, S. Michele lo condusse presso il Monte Siepi, in un luogo in cui incontrò Gesù, la Vergine Maria e i Dodici Apostoli in una cappella rotonda. Sempre in questo luogo, di nuovo guidato da S. Michele, Galgano conficcò la spada nella roccia, ritirandosi in preghiera. A quel tempo la notizia destò molto clamore, facendo affluire diverse persone in quel luogo sperduto, proprio per conoscere Galgano: si costituì così una piccola comunità di cristiani.
Morì nel 1181, si narra in ginocchio di fronte alla croce della spada. Quel luogo, come ho già scritto sopra, vide la costruzione di una cappella circolare, terminata nel 1185, che ancora oggi custodisce al suo interno la spada nella roccia.
Sempre nel 1185, Papa Lucio III lo proclamò santo.
Vicino alla Cappella Rotonda, tra il 1220 e il 1268 fu costruita, dall’Ordine dei Monaci Cistercensi, l’Abbazia di S. Galgano, in foto sotto.

Abbazia S. Galgano

Oggi questa Abbazia è meta di numerose visite, sia per il culto del santo sia per la sua particolarità. Abbandonata da tempo, l’Abbazia, ad oggi sconsacrata, non ha più il tetto (crollato secoli fa) e non ha una pavimentazione ma un terreno in terra battuta che in primavera diventa un manto erboso. Si può dire quindi che si tratta di un’Abbazia aperta al cielo e immersa nella natura, che vede la Cappella Rotonda con la spada nella roccia distante solamente 5 minuti in salita.

Adesso -prima di parlare del perché il mito di Re Artù potrebbe, in parte, avere origini maremmane- parliamo di un altro santo vissuto poco prima di S. Galgano: si tratta di S. Guglielmo di Malavalle.
Diciamo chi era S. Guglielmo di Malavalle (…, Francia / 1157, Castiglione della Pescaia). Del santo si conosce poco: di origine francese, al ritorno da una crociata si fermò in Toscana per cambiare vita e dedicarsi alla preghiera. Dopo alcune vicissitudini, arrivò nei pressi di Castiglione della Pescaia piuttosto malato: qui fu curato da una famiglia, per poi stabilirsi come eremita in una valle rocciosa che da quanto era sperduta veniva chiamata Malavalle. Dopo la sua morte si originò l’Ordine dei Guglielmiti.
Spesso è stato raffigurato con un bastone in mano mentre sconfigge un drago, a causa di una leggenda che lo riguarda, simile a quella di S. Giorgio.
S. Guglielmo è ancora oggi molto venerato in alcuni luoghi della Maremma.

Ricapitoliamo.
Possiamo dire che nel XII secolo in Maremma (nei pressi di Castiglione della Pescaia) e nelle sue vicinanze (nei pressi di Chiusdino) hanno vissuto due santi, cavalieri, molto conosciuti, di cui uno è associato ad una leggenda su una spada nella roccia.
Non trovi che questi fatti avvenuti nelle terre toscane siano molto simili ad alcune vicende del mito di Re Artù e dei Cavalieri della Tavola Rotonda?
Ricordiamo i punti un “comune” tra il mito di Re Artù e i Cavalieri della Tavola Rotonda e i fatti narrati in Maremma e nelle vicinanze:
– la Cappella Rotonda di Montesiepi e la Tavola Rotonda di Re Artù;
– la spada conficcata nella roccia da S. Galgano e la spada estratta dalla roccia da Re Artù;
– i dodici cavalieri di re Artù (secondo alcuni racconti) e i dodici Apostoli visti in apparizione da S. Galgano;
– la somiglianza tra il nome di S. Galgano e quello del famoso cavaliere di Re Artù, Galvano, in alcuni racconti associato ad una spada portentosa.

Fatti e ipotesi.
Ricordiamo che Montesiepi e Malavalle distano circa 40 Km tra loro: quindi potrebbe essere probabile che i discepoli di S. Guglielmo, dopo la sua morte, abbiano incontrato S. Galgano e i suoi discepoli. Addirittura proprio S. Guglielmo (morto nel 1157) potrebbe aver incontrato il giovanissimo S. Galgano (nato a Chiusdino forse nel 1148). Chissà.
Ricordiamo che studi moderni hanno stabilito che la spada della roccia di Montesiepi, attribuita dalla leggenda a S. Galgano, sia effettivamente una spada in ferro del periodo medievale. Tale spada era in origine solamente infilata in una fessura nella roccia, e quindi estraibile. Fu fissata in seguito alla roccia, nello scorso secolo, per evitare atti vandalici, prima con piombo fuso e poi con cemento.
Segnaliamo che il mito di Re Artù è sì legato a leggende anglosassoni del periodo romano, quindi antecedente al periodo storico dei due santi in Toscana: ma a queste leggende di epoca romana non è da attribuire il mito dei Cavalieri della Tavola Rotonda e della Spada nella Roccia, che risulta legato invece a scrittori francesi.
Fu Chrétien de Troyes (1135 circa/1190 circa) a scrivere di cavalieri leggendari come Galvano (e la sua leggendaria spada), Lancillotto, Ivano ecc. Siamo nel periodo storico in cui nelle corti feudali francesi alcune figure femminili, come Eleonora d’Aquitania e sua figlia Maria di Champagne, proteggevano questi artisti.
Artisti che appunto deliziavano le corti con racconti cavallereschi in cui predominavano amore, lealtà e coraggio.
Il mito della spada della roccia si deve invece soprattutto a Robert De Boron, poeta francese vissuto tra la fine del 1100 e gli inizi del 1200, che è anche famoso per aver narrato storie sul Santo Graal. E, a tal proposito, non dimentichiamo che alcune leggende su S. Galgano lo avvicinano ai Templari, che sono stati realmente presenti nel contado di Frosini, distante solamente pochi chilometri da Montesiepi.
Possiamo quindi affermare, vedendo le date di nascita, che i due scrittori francesi in questione sono vissuti nello stesso o successivo periodo di S. Guglielmo e S. Galgano: quindi avrebbero potuto conoscere i famosi fatti attribuiti nella odierna Maremma ai due santi. Non dimentichiamo infatti che le vie di transito e commerciali tra la penisola italica e la Francia erano ben avviate, perciò storie e tradizioni si potevano facilmente diffondere. Ti invito a leggere il mio scritto su “Il paladino Orlando, la Maremma e il Viterbese” (clicca qui), in cui potrai notare come anche in Centro Italia siano diffuse molte gesta sul mito del famoso paladino di Carlo Magno. Questo per fare un esempio di diffusione di storie e leggende.
E allora, perché non poter riflettere sulla possibilità che le corti francesi del 1200 abbiano preso molte storie dei nostri santi di Maremma e Toscana? Perché non pensare che la spada nella roccia nella provincia di Siena possa essere realmente la base sulla quale si è sviluppato il mito della spada della roccia di Re Artù?

Curiosità su un errore molto comune. Qual era Excalibur?
A proposito della spada estratta dalla roccia da Re Artù, ricordiamo di non confonderla con Excalibur.
Considerando che i cicli di storie su Re Artù sono numerosi, per non creare confusione parliamo di Excalibur come la spada, forgiata sull’isola di Avalon, che fu donata a Re Artù dalla Dama del Lago. Stiamo parlano dei fatti di Artù che potremmo definire più “storici”. Ricordiamo in proposito le opere degli scrittori britannici: Goffredo di Mounmoth (1100 circa/1155), che scrisse la Storia dei Re di Britannia; e Thomas Malory (1409 circa/1471), che scrisse La Morte di Artù.
Il mito della spada della roccia, del quale abbiamo già parlato, è molto diverso. Si parla di un giovane Artù, non cresciuto dal padre Uther Pendragon ma da Sir Ector e istruito dal mago Merlino. Alla morte del Re Uther Pendragon, con l’Inghilterra rimasta senza sovrano, il giovane Artù riuscì nell’impresa alla quale nessun cavaliere era mai riuscito: estrarre la spada del Re dalla roccia. E a causa di tale impresa fu incoronato Re d’Inghilterra!

Conclusioni.
Ritorniamo alla spada nella roccia di Montesiepi, pensando che forse potrebbe aver originato alcune vicende collegate al mito di Re Artù. Chissà.
Magari un giorno tutto ciò verrà anche documentato.
Intanto ricordiamo che la nostra Maremma, insieme al resto della Toscana, è una delle terre più interessanti al mondo, ricca di storie e leggende, oltre che di incantevoli paesaggi. Non avremmo avuto Re Artù: ma i re, i cavalieri valorosi, le belle dame, i castelli e le leggende, certamente non ci mancano.
…In un passato complicato, tra un susseguirsi di dominazioni, battaglie, guerre e quindi pieni di paure, ma anche di amori e di gioe, proprio come si diceva in quel film. <<Un uomo che non teme nulla è un uomo che non ama nulla…>>.

Consigli dal blog

Ti segnalo:
Origini del nome Maremma (clicca qui);
la leggenda che riguarda la fanciulla senese Margherita Marsili: “La bella Marsilia, dalla Maremma al Sultano” (clicca qui);
Bartolomeo Peretti: Ammiraglio di Talamone contro il pirata Barbarossa (clicca qui);
La leggenda di Jacopo e Giacinta. Introduzione (clicca qui)
Il Lago Scuro presso Manciano e altre leggende (clicca qui).
Inoltre ti ricordo, all’interno della sezione LIBRI, la seguitissima categoria AUTORI LOCALI (clicca qui), in cui parlo delle interessanti opere di scrittori maremmani.
Buone letture con paginecuriose.it. Aspetto il tuo commento!