Addio a El Pibe de Oro

Il 25 novembre 2020 è morto Diego Armando Maradona. Aveva 60 anni.
Di ieri e oggi le immagini che arrivano dall’Argentina, con una folla di gente che si recava alla camera ardente. Si uniscono alle immagini di Napoli, sua seconda casa, immersa in un velo di tristezza incredulità e tanto affetto.
E come spesso accade, quando muore un personaggio famoso, l’opinione pubblica si divide tra chi si rammarica e chi ha delle obiezioni. Cosa si contesta sul ricordo di Maradona? I tanti problemi della sua vita privata che, secondo alcuni, dovrebbero venir ricordati alla pari delle gesta sportive per evitare che si prenda a modello l’uomo.
Già, perché adesso si viaggia per modelli, e quindi non sappiamo distinguere l’ambito sportivo -o lavorativo che sia- dalla vita di ogni giorno.
Magari usiamo la testa e le idee che dovremmo avere, e distinguiamo il calciatore dall’uomo. Ma allora, perché ricordare Maradona, se non può essere preso come modello di vita? Solo perché era un campione nel calcio? Perché è stato il calciatore più forte della storia, alla pari o meglio o peggio di Pelé?
No, forse non basta. E allora, ti spiego io perché ricordare Maradona!

Ecco chi era Maradona.
Maradona non era solamente un campione, era un tempo.
Già. Era il tempo in cui, bambino delle Elementari, guardavo le partite del Mondiale del 1986 in Messico davanti alla piccola TV di cucina, in famiglia. Quell’estate, con le monete dei nonni, degli zii o dei genitori compravo le figurine di quello che era il mio primo album: Messico ’86. Costavano 150 lire al pacchetto. Come mi divertivo ad attaccarle con il babbo. E Maradona vinse quel Mondiale con la sua Argentina. Una nazione in cui anni prima erano emigrati tanti nostri connazionali in cerca di lavoro.

Maradona era il tempo in cui, da bambini, giocavamo a pallone sotto casa, due zaini o giacchetti a fare le porte; e se non c’era il pallone bastava anche un sassolino. Passavi la palla ai più bravi, …dribbling e gol! E chi sei, Maradona? E tutti ad abbracciare il realizzatore di turno. Ma Maradona era anche il bambino della squadra avversaria che faceva una prodezza, e gli altri esultavano mentre tu stavi zitto o ti arrabbiavi. Mi vengono in mente i bambini di adesso, in piena pandemia, distanziati e con le mascherine. O quelli che stanno tutto il giorno a giocare con il tablet. Invece noi, bambini di allora, sognavamo -mentre stavamo giocando- di diventare campioni, o solo di assomigliare ai nostri genitori, chissà…

Maradona era il tempo in cui le partite le ascoltavi alla radiolina (tutte allo stesso orario), a passeggio la Domenica pomeriggio, a cercare con il babbo il punto in cui “prendeva meglio” il segnale. E Maradona quante reti e belle giocate che faceva, raccontate dai radiocronisti di “Tutto il Calcio Minuto per Minuto”. E alle 18:00 tutti di corsa a casa, per seguire il “90° Minuto” con Paolo Valenti e vedere i filmati delle partite. Erano gli anni in cui Luigi Necco commentava le giocate di Maradona e Careca da Napoli, e Carlo Nesti quelle di Boniek, Platini, per arrivare a Schillaci da Torino. Potrei aggiungere Sandro Ciotti e tanti altri radiocronisti, in una trasmissione che ha fatto la storia di un’epoca, … ma parliamo di Maradona.

Maradona era il tempo in cui il Napoli vinse il primo scudetto della sua storia, nel campionato 1986/87. E forse, per la prima volta l’intera città si sentiva superiore alle grandi e ricche città del Nord. Sì, perché il calcio era lo sport degli italiani e grazie a Maradona il Napoli era sulla vetta d’Italia. Ecco spiegato chi è tutt’ora Maradona per la città di Napoli! Il Napoli di Maradona si ripeté nel campionato 1989/90, conquistando il secondo scudetto della sua storia. E Maradona si presentò ai mondiali di Italia ’90 da campione!

Maradona era il tempo di Italia ’90, il bellissimo mondiale di calcio nel nostro Paese. Ricordo ancora l’odore di quelle serate di calcio in cui, durante le partite dell’Italia alla TV, per strada non passava un auto. Ricordo le bandiere, le trombette da stadio che si sentivano suonare dalle case, i caroselli dei veicoli ad ogni vittoria della nostra nazionale. Gli occhioni di Schillaci erano quelli di tutto un Paese che sognava il trionfo. Ma proprio l’Argentina di Maradona ci eliminò in semifinale, disputata allo Stadio S. Paolo di Napoli. Maradona fu il tempo di quella enorme delusione. Delusione di non continuare a gioire con la famiglia, con le bandiere e i rumori da stadio, in quelle notti magiche di inizio estate.

Maradona era il n. 10 del Napoli, al tempo in cui in ogni squadra di calcio la maglia n.10 veniva data al giocatore più talentuoso, al fantasista, al regista… Era il tempo in cui in campo entravano i calciatori con le maglie dall’1 all’11, senza i nomi. Forse perché contava più la maglia.
Quanti ricordi di un calcio che fu e, per la mia generazione, quanti ricordi di gioventù!

E allora, vale la pena ricordare così tanto Maradona? Secondo me, sì. Perché Maradona era il nostro tempo che non tornerà più, perché il tempo va sempre in avanti. E come c’è un tempo per ogni cosa, per favore non toglieteci al possibilità di ricordare anche solo gli aspetti più belli.
R.I.P. campione.
Passa la palla! Passa la palla! Gooolll! E chi sei, Maradona!
Poi da un balcone si affacciava una mamma. È tardi, torna a casa! Devi finire i compiti!

Consigli dal blog.
Ti invito a leggere il mio racconto “Il calcio che fu” (clicca qui).