Racconto ai ragazzi di oggi il calcio di una volta,… il calcio che non c’è più.
Per i ragazzi di oggi, il calcio è quello che vedono adesso, solamente quello. Il calcio ricco, il calcio di ogni giorno sulle pay tv: il martedì e il mercoledì la Champions, il giovedì l’Europa League, il venerdì il sabato la domenica e il lunedì la serie A e la serie B. Che bello, il calcio dei calciatori miliardari, delle star del pallone, a cui tutti sogniamo o avremmo sognato di arrivare. Ci regalano emozioni davanti alle decine e decine di telecamere che li riprendono, così che non ci possa sfuggire niente di loro durante una partita. E se non puoi permetterti due abbonamenti per vedere il tuo sport preferito, ti senti diverso perché poi tutti i tuoi amici o i tuoi colleghi discutono pure delle rimesse laterali e tu invece la partita a casa proprio non l’hai guardata.

Ecco, voglio raccontarti che il calcio non è sempre stato così. Quando ero piccolo, il mio calcio era quando aspettavo la domenica pomeriggio per ascoltare le partite alla radio. Sì, la radio, hai capito bene. E se il mio babbo era a casa, uscivamo a passeggio con la radiolina portatile e ascoltavamo le partite per strada. Si incontrava tanta gente che faceva la stessa cosa. Tutte le partite in contemporanea, pensa che strano! E se in alcuni luoghi la radio non “prendeva” bene, ci si doveva spostare velocemente se no ci perdevamo le reti. Sì, una volta le chiamavamo “reti” più che “gol”, ma non fa niente. Da ragazzino invece andavo con gli amici a vedere la squadra di calcio locale, l’Argentario, in una delle categorie dilettanti, con radio e cuffie: si esultava quando segnava l’Argentario o quando segnava la tua squadra alla radio.
Quando finiva la passeggiata? Alle 18:00, perché iniziava il “90° minuto” con Paolo Valenti e dovevamo vedere in TV i “servizi” delle partite (quelli che oggi chiamiamo gli highlights). Così finalmente mi gustavo tutte le azioni più belle che avevo solamente immaginato dai racconti della radio, con le storiche voci delle radiocronache. E se qualcuno aveva fatto la schedina del Totocalcio, si doveva controllare con carta e penna e annotare 1 X 2 quando il conduttore la leggeva a inizio trasmissione, perché non avevi Internet e il mondo a portata di click 24 ore su 24.

…Il calcio di una volta. Quando andavo alle elementari, il mio giorno di scuola preferito era il sabato, cioè l’ultimo della settimana. Sai qual era il secondo giorno che preferivo? Il mercoledì, ma solamente quando era il mercoledì di Coppa. Il mercoledì, quando c’erano le Coppe Europee, tornavo a casa tutto contento perché sapevo che nel pomeriggio o in serata avrei visto (in chiaro) la mia squadra. E quanto ero emozionato, perché erano le uniche occasioni per vederla giocare in TV, per vedere in diretta il mio campione preferito del momento mentre faceva un dribbling, una rovesciata o segnava una rete ed esultava, o il mio portiere che magari parava un rigore.
Sai qual è la cosa più strana che mi ricordo? E’ che quando usciva dalle coppe la mia squadra del cuore, mi capitava di guardare le partite di coppa delle altre squadre italiane rimaste e, incredibilmente, siccome la partita in TV era una specie di festa in casa, mi veniva naturale tifare per loro. Sì, proprio così: tifavo per le squadre italiane rimaste, cosa che adesso non mi viene più così spontanea. E le Coppe erano tre: la Coppa Campioni, la Coppa delle Coppe e la Coppa UEFA.

E le magliette dei nostri campioni di oggi, che costano queste cifre stratosferiche?
Pensa che una volta non c’erano le maglie dei campioni, c’erano le maglie delle squadre. Negli anni ’80 in cui partono i miei ricordi calcistici, in campo ci andavano le maglie dall’ 1 all’ 11, senza nomi. Sai che vuol dire? Che la maglia n. 10, quella della fantasia, del regista o del trequartista, era sempre in campo! Il 9 era il centravanti, il 3 il terzino sinistro, ecc ecc. “Il calcio che fu” era quello, come nel famoso film di Lino Banfi “L’allenatore nel pallone”, in cui l’allenatore prima della partita assegnava le maglie ai calciatori nello spogliatoio.

Quanti ricordi di quel calcio degli anni ’80 e e primi anni ’90: era il calcio di campionissimi come Maradona, Platini, Zico e poi Van Basten, Baggio e il giovane Del Piero. Di un “signore” come Scirea; di Cabrini che calcia fuori il rigore al mondiale ma riparte zitto a testa bassa da campione; di Dino Zoff che a 40 anni vince proprio quel mondiale. Quanti campioni! Donadoni nel calcio moderno varrebbe come i migliori top player. Era il calcio degli interventi di Baresi, delle parate di Zenga, delle rovesciate di Vialli, arrivando poi alle reti di Batistuta. Era il calcio delle “bandiere”, ossia dei calciatori che rimanevano per tutta la carriera o quasi nella stessa squadra. Era il calcio degli allenatori che allenavano in tuta la loro squadra, a correre anche loro, col fumo che usciva dalle loro bocche in inverno, vedi Trapattoni: gli allenatori che facevano da maestri di calcio e di vita ai loro giocatori. Il calcio dei presidenti storici in giacca e cravatta.
Era il calcio dei Mondiali Italia ’90, in cui Totò Schillaci ci ha regalato delle bellissime notti magiche. Ricordo ancora i profumi, i colori e i rumori di quel Giugno e quel Luglio del 1990, quando le serate portavano un po’ di fresco,… e il canto dei grilli e delle cicale era sovrastato dalle trombette da stadio che suonavano da dentro le case, con i televisori ad alto volume e le strade deserte: tutti a guardare la Nazionale, mentre dalle finestre e dai balconi sventolava il Tricolore oppure le bandiere bianche con stampato “Ciao” (la mascotte di quel mondiale). E le auto che spuntavano dopo le vittorie con lunghissimi caroselli notturni!
Era il calcio in cui il babbo ti raccontava del calcio in bianco e nero, con le prodezze di Pelè o le giocate di Sivori, Rivera e Mazzola, e i piccoli stavano ad ascoltare, chiedendo se fosse più forte Baggio.

Hai mai fatto l’album delle figurine? Pensa che quando ero piccolo, la raccolta delle figurine dei calciatori iniziava a Settembre/Ottobre perché a Gennaio, col mercato di riparazione, se una squadra cambiava un calciatore già sembrava strano. Le squadre avevano rose di 16-20 giocatori e gli sponsor erano aziende e non multinazionali. Alle elementari coi miei amichetti ci si scambiava figurine tutto l’anno, sia a scuola che in qualche pomeriggio nelle case. Sì, gli amichetti… quante partitelle fatte per le strade dove non passavano auto, o nei cortili, con due sassi a fare le porte, a gridare i nomi dei nostri campioni. Ti ricordo il mio articolo: “Gli anni ’80 all’Argentario: a pallone per strada” (clicca qui).

In fondo, il riassunto del calcio era ed è questo: il babbo che ti insegna a dare qualche calcio a pallone da piccolo, sognando per te quello che sognava di diventare lui; le sfide improvvisate con gli amichetti nei cortili; le partite alla TV o alla radio. Momenti ed emozioni.

Sai cosa invece non rimpiango di quel calcio passato? Allora c’era molta più violenza negli stadi. Oggi leggi più severe hanno frenato la violenza, ma non basta, bisogna fare ancora tanto. Il calcio deve essere solamente un divertimento, una passione.
Sai perché ancora oggi un po’ continuo a seguire il calcio?
Quando vedi un gol di Cristiano Ronaldo o una parata di Buffon, un dribbling di Messi o uno scatto di Mbappé, non ti interessa se sono miliardari. Ti interessa che in quel momento ti hanno regalato un’emozione, ti hanno fatto distrarre per un attimo da qualche problema della giornata, ti hanno fatto trascorrere una serata in famiglia o con gli amici. Se perdi la partita ti arrabbi, ma poi deve passare, perché le sensazioni e la bella serata rimangono. E come dico sempre io, l’importante non è il traguardo ma il cammino. E il cammino è fatto di tante singole emozioni.
L’invito è che società di calcio e procuratori diano un freno ai contratti miliardari dei calciatori, a vantaggio dei settori giovanili e dei costi dei diritti televisivi. Le partite dovrebbero essere a prezzi accessibili a tutte le famiglie, come il mio mercoledì di Coppa, perché il bello del calcio è questo: quando unisce, e non quando divide. Sarebbe un bel segnale nei confronti del resto della società, in cui si lotta per un posto di lavoro e per arrivare a fine mese con lo stipendio.
Per concludere: buon calcio moderno. Poi dopo la partita, magari ti prendi un buon libro da leggere prima di andare a letto, come suggerisco nell’articolo “10 minuti al giorno per essere positivi”, perché lo sport deve essere divertimento, ma è la cultura che ti rende libero, ricordalo sempre.

Ti invito a visitare la sezione MIE OPERE (clicca qui) in cui troverai molti altri racconti e tante mie poesie.
Dello stesso argomento de “Il calcio che fu”, puoi trovare “La TV che fu” (clicca qui).
Buona lettura!