Sabato 6 Luglio 2019 si è tenuta a Porto S. Stefano la conferenza sullo studio di J.M.Keynes riguardante la “Teoria generale dell’occupazione, dell’interesse e della moneta e altri scritti”. Altissima l’affluenza di pubblico alle ore 18:00 nella sala consiliare del Municipio, per questo evento di spicco organizzato dal Centro Studi Don Pietro Fanciulli con il Comune di Monte Argentario e la Fondazione onlus Ugo La Malfa.
Dopo l’intervento iniziale da parte del sindaco Francesco Borghini, è il coordinatore della conferenza, Massimo Gaggi (Editorialista del Corriere della Sera) a prendere la parola e introdurre l’argomento della conferenza, con un breve ma significativo quadro politico americano del dopoguerra. Gaggi ha brillantemente illustrato le posizioni interventiste in campo economico adottate nel passato da alcuni Presidenti repubblicani degli USA. Reddito di cittadinanza e salario minimo garantito, interventi che riguardano il sociale e che oggi sono considerati argomenti da partito di centro-sinistra, furono invece negli USA motivo di intervento proprio del Partito Repubblicano.
Dopo prende la parola Giuliano Amato, il quale con la sua solita eleganza linguistica, ha esposto in maniera chiara il caposaldo della Teoria di J. M. Keynes: l’Economia non è una scienza esatta come la matematica o la fisica. Al contrario, l’economia è una scienza morale, che varia a seconda dei comportamenti e delle aspettative degli uomini. L’economia può quindi stabilizzarsi e fermarsi non appena raggiunto un punto di equilibrio, che magari può prevedere bassi salari e pochi occupati. Per questo è necessario un intervento pubblico per far crescere la produzione: parliamo di investimenti pubblici.
Con un’accentuata disuguaglianza sociale a lungo andare si creano problemi di tenuta delle democrazie. Sempre Giuliano Amato, prendendo spunto da questa teoria, ha esposto la considerazione che finito il Comunismo come competitor del Capitalismo, gli Stati hanno lasciato muovere il Mercato da solo, preoccupandosi solamente di regolare la base Monetaria. Sconfitto il nemico esterno però adesso si è passati al nemico interno dell’economia Liberista, il Populismo, che è nazionalista perché in ogni Stato il popolo ha esigenze diverse, a volte anche opposte a riguardo di uno stesso tema.
Dopo aver preso la parola, Giorgio La Malfa ha illustrato le varie tappe fondamentali della vita di Keynes (1883/1946), economista inglese, fautore della cosiddetta rivoluzione Keynesiana, opposta alla teoria economica neoclassica. Di famiglia protestante, fin da piccolo brilla a scuola. Entra nell’università di Cambridge studiando matematica, per poi passare agli studi di Economia con Marshall. Funzionario per il Ministero per le colonie, insegnante a Cambridge, scrittore di articoli per un giornale: sono queste alcune delle molteplici attività che svolge negli anni a seguire, elaborando le sue teorie economiche. Nel 1919, come rappresentante economico del Tesoro inglese, è presente alla Conferenza di Parigi al termine della Grande Guerra. Si dimetterà dall’incarico in forte disaccordo con le punizioni alla Germania: secondo Keynes, affamare l’Europa centrale è un gravissimo errore che porterà ad un’altra guerra ancora più grande (scriverà LE CONSEGUENZE ECONOMICHE DELLA PACE, tradotto in tutto il mondo). Come dargli torto? Aveva previsto in anticipo la Seconda Guerra Mondiale. Dopo il matrimonio, continua a scrivere articoli molto importanti. Con la crisi del 1929 le sue riflessioni sui problemi del capitalismo si fanno più profonde. Fascismo, Nazismo e Comunismo russo sono le risposte alla crisi del Capitalismo, perché al verificarsi di problemi le persone guardano altrove. E’ del 1936 il suo libro in questione sulla TEORIA GENERALE. Scriverà al Presidente americano Roosevelt , visto come tutore di cambiamento tanto atteso nelle scelte economiche.
Ricordiamo che proprio a Giorgio La Malfa si deve il progetto editoriale, saggio introduttivo e traduzioni di questo studio. L’opera è inserita nella Collana “I Meridiani Mondadori”, per la quale erano presenti i vertici: è stata motivata questa scelta considerando anche l’alto valore letterario dell’opera, da non ritenere in secondo piano rispetto alla pura teoria economica.
Nel proseguo della conferenza, Gaggi, Amato e La Malfa hanno continuato ad illustrare la Teoria e a rappresentarla nel contesto attuale. Mi è rimasta in mente una frase attribuita a Keynes: “bisognerebbe che gli economisti possano essere utili come gli odontotecnici”. Questa frase racchiude tutta la sua idea interventista in campo economico.
Gli economisti infatti si dividono in due grandi categorie: quelli che dicono che l’economia si rimette sempre in equilibrio da sola, e quelli che invece sostengono che bisogna intervenire per risolvere i problemi sociali (differenze di reddito, disoccupazione ecc).
Il pensiero di Keynes, nonostante sia di quasi cento anni fa, mi sembra assolutamente attuale e ponderato. Addirittura lui prevedeva l’obbligo del pareggio di bilancio per la parte corrente, cioè non prevedeva di pagare ad esempio pensioni o reddito di cittadinanza in deficit. L’indebitamento, “somministrato come medicina pericolosa”, doveva essere usato dallo Stato solamente per investimenti pubblici.
La parte che invece più mi ha colpito è stata la sua previsione sulle 15 ore di lavoro settimanali nel futuro, dovuto al progresso.

Il mio parere è che questa previsione sia assolutamente giusta ma la teoria non è stata mai applicata dagli Stati. Grazie alle innovazioni tecnologiche si è ridotta la necessità lavorativa, ma questo purtroppo non è mai stato tradotto in miglioramento della qualità del lavoro, ma al contrario nel taglio di posti di lavoro, riversando il guadagno solamente nelle mani di chi comanda la ricchezza. In questo modo la ricchezza si è concentrata sempre più nelle mani di pochi, distruggendo il ceto medio. Faccio un esempio concreto: supponiamo il caso in cui grazie all’automazione un imprenditore non ha più bisogno che i suoi 10 operai lavorino 40 ore alla settimana, ma solamente 30. Si sarebbe dovuto puntare a considerarlo un miglioramento delle condizioni di lavoro, così il lavoratore avrebbe guadagnato lo stesso stipendio e usato il suo maggior tempo libero magari anche per spendere soldi e ri-immetterli nel circuito economico. Invece, lasciando l’economia completamente libera, le 10 ore in meno a lavoratore si sono tradotte in 100 ore in meno settimanali e quindi in almeno 2 se non 3 (più probabile) operai in meno =licenziati! Tre famiglie sul lastrico che: 1- finiscono nelle spese di assistenza dello Stato, 2-non hanno soldi da immettere nell’economia generale (non hanno soldi per fare la spesa e di conseguenza nemmeno per il cinema, la pizza, le vacanze, cambiare l’auto ecc). Prima di arrivare alle 15 ore necessarie, come teorizzava Keynes, secondo me bisogna dare una netta sterzata e mettere l’uomo al centro del modello economico.
La Teoria interventista in campo economico di Keynes, di oltre 80 anni fa, ricondotta alla grave situazione economica attuale – con disoccupazione, perdita di potere d’acquisto per gli stipendi, crisi per la piccola imprenditoria, crisi della natalità, ecc- rende moderna questa teoria interventista, per non lasciar continuare l’economia libera di muoversi da sola accentuando la crisi. E’ un cambio di rotta invocato da più parti.
Personalmente, mi ritornano in mente alcuni punti di una lettera scritta da Papa Bergoglio nel 2013 all’allora Primo Ministro Inglese David Cameron, prima di un G8. Nei punti a cui mi riferisco, il Santo Padre scriveva che “il fine dell’economia e della politica, è proprio il servizio agli uomini. … Ogni teoria o azione economica e politica deve adoperarsi per fornire ad ogni abitante della terra quel minimo benessere che consenta di vivere con dignità … In tal senso, le varie e gravi sfide economiche e politiche che il mondo odierno affronta richiedono un coraggioso cambiamento di atteggiamenti, che ridia al fine (la persona umana) e ai mezzi (l’economia e la politica) il posto loro proprio. Il denaro e gli altri mezzi politici ed economici devono servire e non governare. …”.
Sono frasi che insistono proprio su un cambiamento di rotta nell’economia, su una richiesta di fare scelte che devono essere prese mettendo l’uomo al primo posto, come scopo dell’economia e non come mezzo.

Torniamo alla conferenza sulla “TEORIA GENERALE DELL’OCCUPAZIONE, DELL’INTERESSE E DELLA MONETA e altri scritti” di Keynes.
Dopo alcuni interventi del pubblico, a cui hanno risposto Giuliano Amato e Giorgio La Malfa, hanno chiuso l’interessantissimo evento i ringraziamenti di rito e i saluti.
Aggiungo solamente che la conferenza è stata di uno spessore molto alto e quindi facciamo i complimenti agli organizzatori per l’ottima riuscita! Ancora una volta si è vista anche la mano del Centro Studi Don Pietro Fanciulli di Porto S. Stefano (per leggere il mio articolo riguardante la loro rivista di cultura L’ARGENTARIANA, numero di Giugno 2019, clicca qui).
Consiglio il progetto editoriale di Giorgio La Malfa sulla Teoria di Keynes, collana I Meridiani edizioni Mondadori, a tutti gli appassionati di letteratura ed economia, oltre che ovviamente agli studenti di discipline economiche.

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