Erano le undici del mattino in una splendida e calda domenica di inizio settembre. Il sole era alto nel cielo sereno. Il mare era calmo e il suo azzurro intenso e sfumato di verde si colorava dei riflessi dorati del sole e di qualche barca in lontananza.
Ero in spiaggia, seduto su uno scoglio dopo una nuotata, ad ammirare il panorama. Vicino a me, oltre ai miei amici, c’erano diversi bagnanti: una coppia e alcune famiglie coi bambini piccoli. Il mio pensiero però andò subito a lei, abbandonando la realtà che mi circondava. Io ero in spiaggia e lei lassù, su un aereo a diecimila metri di altezza, chissà dove nel mondo. Il suo lavoro la portava via da me, ma nella mia mente era così vicina che quasi la potevo toccare. Avevamo passato assieme la sera precedente, con la magica atmosfera del lungomare e sotto un cielo pieno di stelle. Mi aveva parlato dolcemente e lentamente, e ascoltato attenta ogni mia frase. Io avevo fatto altrettanto, come se al mondo fossimo stati solo io, lei e il rumore delle onde che rifrangevano sulla riva, melodia di sogni ritrovati. I suoi occhi rivolti a me, i suoi capelli castani mossi dal vento, la pelle abbronzata, le belle labbra che fissavo ad ogni sorriso, il suo esser donna. Ci salutammo a tarda notte, con i nostri cuori che battevano forte.
Era mattina: mi mancava! Non vedevo l’ora di riabbracciarla, ma quando? Così diversi, così lontani. Continuavo a pensare a lei, in ogni istante. Allora chiesi al vasto mare di portare il mio pensiero lontano lontano, in viaggio. Lei era su un aereo, magari avrebbe chiesto al cielo la stessa cosa: far viaggiare il suo pensiero.
Così distanti i nostri pensieri si sarebbero mai potuti incontrare?
Guardai l’orizzonte, in lontananza, dove cielo e mare si incontrano. E mi uscì un sorriso.

(Francesco Palombo)